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sabato 9 dicembre 2017

La lentezza e la delicatezza dei romanzi giapponesi: La cartella del professore

Ogni volta che termino un romanzo giapponese mi dico che sarà l'ultimo, ma immancabilmente dopo poco ne trovo uno nuovo sulla mia strada

La cartella del professore
Kawakami Hiromi
Einaudi

giappone, amore, rispetto, professore, cibo giapponese


Il romanzo è la storia d'amore tra Tsukiko, impiegata trentasettenne, e Matsumoto Harutsuna, il suo professore di giapponese del liceo, oggi settantenne e vedovo. I due si ritrovano casualmente, dopo oltre vent'anni, seduti uno a fianco all'altra al bancone di una nomi-ya, piccolo locale della tradizione giapponese dove si beve, ma in alcuni casi è anche possibile mangiare qualcosa. Da quella sera i loro incontri si fanno sempre più frequenti, anche se quasi sempre del tutto casuali.

E' incredibile come i romanzi giapponesi dedichino righe su righe a particolari poco rilevanti per la storia e al contrario non appronfodiscano il carattere e gli aspetti dei personaggi. Kawakami Hiromi dedica ad esempio un paio di pagine alle teiere da treno, ricordi di viaggio del professore, ma della vita di Tsukiko sappiamo poco.
La storia è ambientata principalmente nella nomi-ya di Satoru e la casa del professore, dove il cibo giapponese, la birra, il sake e il tè non mancano mai. E' la donna a raccontare in prima persona questa storia, così lontana dalle storie d'amore a cui siamo abituati.
Una storia che ruota intorno al cibo, appannata dai fumi dell'alcol e scandita dal tempo che inesorabilmente scorre senza che tra i due ci sia qualche vero e proprio colpo di scena. Trascorrono oltre due anni prima che il professore, con modi impacciati e lunghi giri di parole, chieda a Tsukiko se abbia voglia di frequentarlo "con l'intenzione di stringere una relazione amorosa".

L'immagine del profesore è quella di vecchietto elegante, che non si separa mai dalla sua cartella nera. La troviamo con lui al "mercato che si tiene nei giorni che terminano per otto", a cena da Satoru, nel bosco alla ricerca di funghi e durante il loro primo viaggio insieme, su di un'isola.
La cartella compare più volte nel romanzo, ma è una presenza quasi sileziosa, mai ingombrante che contribuisce a maturare via via curiosità nei confronti del suo contenuto, che sarà svelato solo alla fine.
La differenza generazionale tra Tsukiko e il Prof emerge spesso. Diverse sono le occasioni in cui l'uomo la rimprovera per i suoi modi poco aggraziati o sottolinea la sua scarsa conoscenza della letteratura giapponese. Tra i due non viene però mai meno il rispetto, si rivolgono uno all'altra dandosi del lei.

La delicatezza della copertina, dal colore rosa antico dei fiori di ciliegio, è perfettamente in linea con il senso di pacatezza e compostezza dei giapponesi.

La prima lettura mi ha lasciata con l'amaro in bocca, la sua lentezza non mi ha permesso di assaporare a pieno i contenuti, a distanza di qualche settimana l'ho ricominciato e sono riuscita a cogliere le sue sfumature.

sabato 25 novembre 2017

Passeggiando nel Parco dei Colli di Bergamo tra foliage e degustazione di prodotti locali

Metti una fredda mattinata di novembre dal cielo terso, i colli a pochi chilometri da casa dai colori rossastri, il responsabile del Parco dei Colli, accompagnato da alcuni volontari, come guida, un gruppo di persone desiderose di conoscere il territorio e piccoli imprenditori locali che aprono le porte delle loro aziende.

Il risultato è un giro ad anello in mezzo ai boschi, in un tripudio di colori, attraverso caratteristici borghi dove è evidente l'amore degli abitanti per la propria terra e dove è possibile degustare prodotti a chilometro zero.


Il giro ha inizio dal santuario di Rosciano, a poca distanza da Bergamo, dove una vecchia strada mulattiera, che si snoda attraverso i boschi, sale fino al colle della Maresana. Bastano poco più di 500 metri di altezza per godere di una straordinaria vista sulla città e la bassa bergamasca, ma è sicuramente il profilo di Città Alta ad attirare l'attenzione.


Il colle è scelto spesso come base di partenza, per escursioni verso vette più alte, ma anche come meta per il pic nic domenicale tra i suoi verdi prati.

La chiesetta con portico trasmette subito l'idea della tranquillità del luogo.


Un cartello invita a raggiungere "Cà della matta". Il curioso nome identifica la casa in cui sembra abitasse una signora dai modi strani, per questo soprannominata "la matta". Oggi è uno dei luoghi simbolo dell'area protetta dei Parco dei Colli, adibita a centro educativo, per la formazione dei bambini, ma anche di promozione di eventi legati al territorio nonchè ostello. La casa è spesso meta di gite scolastiche e di escursioni dei centri ricreativi estivi, qui i bambini svolgono una serie di laboratori e imparano, tra le altre cose, a costruire una casetta per gli uccelli, a riconoscere la vegetazione e gli animali che ci vivono, ma soprattutto imparano a rispettare la natura.





Lasciata alle spalle la Maresana, si rientra nel bosco. Un sentiero pressochè pianeggiante, completamente ricoperto dalle foglie, taglia trasversalmente il colle. Il terreno smosso in più punti è l'evidente passaggio di un abitante di queste quote, ghiotto di radici e bulbi: il cinghiale.
La guida spiega l'importanza di tenere pulito i boschi, non solo dall'immondizia, ma anche con un attento taglio degli alberi per permettere alla natura di crescere in modo più ordinato e rigoglioso.



In località Val del Fich, così chiamata per via della pianta di fico che cresce spontanea in questa zona, le narici vengono invase dal tipico odore di capra. E' il segnale che siamo giunti all'azienda agricola di Federica Cornolti. Fin dall'ingresso si percepiscono la cura e l'attenzione di questa giovane donna.



Ma è quando apre le porte della stalla, che ospita le sue trenta capre, che si rimane incanti dall'amore di Federica per questi animali e per il suo lavoro. Ce ne parla con il sorriso sulle labbra e le si illuminano gli occhi mentre le chiama una ad una con il proprio nome, raccontandoci qualche loro curiosità.




Nel salone dove si svolgono le attività didattiche troviamo ad attenderci una degustazione dei formaggi di capra qui prodotti, dalla freschissima ricotta ad un formaggio più stagionato, accompagnati da confetture e gelatine prodotte con frutta coltivata o che cresce spontanea nei prati circostanti, dai gusti insoliti tra cui la rosa canina e il tarassaco


Ampie vetrate ed una terrazza in legno permettono di allungare lo sguardo su tutta la vallata.
Saremmo rimasti ancora ad ascoltare l'entusiasmo e le storie di Federica, delle le sue capre e di D'Artagnan, il re di questo ovile, ma un altro produrre ci attende.



Scendiamo verso Ponteranica Alta per poi prendere la strada in direzione della località Castello. In cima la salita un cancello aperto ci invita ad entrare nella tenuta del Sig. Giavazzi. Una lunga strada sterrata, fiancheggiata dalle viti spoglie dopo la vendemmia, alberi di cachi carichi di frutti maturi e una straordinaria vista sulla parte occidentale della provincia, ci accompagna fino alla soglia dell'agriturismo e della casa del Sig. Amleto.


Con fare timido, quasi emozionato, ci racconta la sua passione per la viticolura, dall'estirpazione delle coltivazioni precedenti, l'analisi del terreno, la scelta dei nuovi vitigni, passando per il primo raccolto, fatto dopo tre anni, fino ad arrivare alla produzione vinicola e ai suoi metodi.



In cantina siamo avvolti dall'odore del mosto, qui numerose bottiglie di vini e spumanti sono disposte ordinatamente. Lo sguardo si sofferma sull'etichetta che avvolge le bottiglie di Cabernet Sauvignon, attratto dalla riproduzione dello straordinario angelo dipinto da Lorenzo Lotto per il polittico conservato nella chiesa di Ponteranica Alta. Mi viene spontaneo chiedere il motivo di questa scelta e il Sig. Giavazzi è pronto a raccontarci una storia curiosa, che lascerà tutti piacevolmente stupiti. Lorenzo Lotto dipinse l'angelo, che avrebbe poi fatto parte del polittico, in una cantina di proprietà della famiglia di Amleto, a poche centinaia di metri di distanza dall'attuale.



In taverna ci attende la compagna del Sig. Amleto con un ricco aperitivo a base di salumi di loro produzione, innaffiato da ottimo vino, servito su un tavolo in legno di rovere, un unico pezzo di ben quattro metri di lunghezza proveniente dai loro boschi.

 



Rifocillati, ed un po' ebbri, ci incamminiamo verso il punto di partenza.
Oltre ad aver riempito gli occhi dei colori dell'autunno, le narici dei profumi della terra e aver degustato i suoi frutti, abbiamo toccato con mano cosa significa vivere in simbiosi con la propria terra e mettere il cuore e l'anima nella propria attività.

domenica 5 novembre 2017

Racconti veloci per ingannare un'atttesa: Torneranno le quattro stagioni

Il libro è il diversivo che preferisco per ingannare le attese.
In aeroporto, di ritorno dalle vacanze, ne ho iniziato uno all'apparenza poco impegnativo, fatto di racconti

Torneranno le quattro stagioni
Mauro Corona
Mondadori

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In volo sopra il mar Egeo, attraversando la Grecia e risalendo il mar Adriatico ho assaporato racconti ambientati in montagna, annusato gli odori del bosco nelle diverse stagioni, sentito il rumore degli attrezzi che picchiano sul legno per tagliarlo o per dargli nuove forme, il crepitio delle foglie autunnali, la sensazione di freddo della prima neve, il risveglio della natura in primavera.

Poche pagine, scritte a caratteri grandi e intervallate da disegni. L'alternarsi delle stagioni viene raccontato sotto forma di favole, con un linguaggio semplice. Tutto porterebbe a classificarlo come un libro per bambini, ma basta leggere le prime righe per accorgersi che, per i temi toccati, anche i grandi dovrebbero dedicargli un paio d'ore. La violenza in famiglia, l'importanza del saper gustare a piccole dosi la libertà, il dolore della malattia, in particolare quella che colpisce in tenera età, la perdita di valori, l'importanza della caparbietà per raggiungere i propri sogni.

Basta poco tempo per leggerlo, ma ne serve molto per approfondire i numerosi spunti di riflessione che suscita.

sabato 21 ottobre 2017

Una lettera nascosta a lungo racconta di una donna misteriosa: La ragazza delle arance

Le cantine, si sa, sono luoghi che straripano di oggetti inutilizzati, ma così ricchi di ricordi che separarsene è impensabile. Quella della casa di Georg Roed conserva ancora il passeggino rosso con cui i genitori lo portavano a spasso da piccolo, la cui fodera ha protetto per tutti questi anni una lettera che parla di una donna misteriosa

La ragazza delle arance
Jostein Gaarder
Longanesi & C.

arance, norvegia, rapporto padre e figlio, lettere nascoste

George è un ragazzo norvegese di 15 anni, vive con la madre, il suo nuovo marito e la loro figlioletta di 6 mesi. Il padre è morto quando aveva solo quattro anni e del poco tempo che hanno potuto trascorrere insieme ricorda solo brevi spezzoni. Il padre consapevole del rapido progredire della sua malattia, vorrebbe raccontare tante cose al figlioletto, come la storia del nuovo telescopio spaziale o quella di un'affascinante ragazza, con un grosso sacchetto di carta pieno di arance, incontrata su di un tram. Ma Georg è troppo piccolo per capire tutte queste cose, pensa quindi di scrivere tutto in una lettera che nasconderà in un posto dove potrà essere trovata solo molti anni dopo.
Il romanzo è un racconto a quattro mani, quelle di Georg che dopo le presentazioni iniziali parla dell'importante ritrovamento per poi lasciare spazio alla voce del padre attraverso la lettura della lettera, interrompendola di tanto in tanto con un suo commento.

L'inizio del romanzo è coinvolgente, c'è curiosità nei confronti di questa donna misteriosa, la voglia di sapere se Jan avrà modo di incontrarla nuovamente.
Nella lettera l'uomo invita al figlio a riflettere sulla vita e l'esistenza umana.
Questi aspetti, a tratti commoventi, vengono eclissati dalle continue ripetizioni che allungano inutilmente la lettura rendendola lenta e a tratti noiosa.

sabato 29 luglio 2017

Prima lettura dell'estate 2017: La vita segreta delle api

Temperature torride, occhiali da sole, protezione solare e l'immancabile libro nella borsa. I miei preferiti dell'estate sono da sempre l'abbronzatura e le letture da spiaggia, quelle non troppo lunghe, ma capaci di tenermi incollata alle pagine.

Per rimediare ad una primavera povera di letture, sono già pronta con la prima recensione dell'estate (il fatto che poi il post resti dimenticato nelle bozze per oltre un mese è un'altra storia)

La vita segreta delle api
Sue Monk Kidd
Mondadori

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Ogni alveare ha bisogno della sua ape regina per sopravvivere così come ogni bambino ha bisogno di una famiglia che lo ami. Lo sa bene Lily che ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita, quelli che la separano dalla morte della madre, con quello che per l'anagrafe è suo padre, T-Ray, ma che da tempo ha smesso di chiamare "papà". Un uomo burbero e irascibile che rivolge le sue attenzioni esclusivamente al lavoro, la coltivazione delle pesche, e alla cagnolina Snout e che non perde occasione di punire la figlia facendola inginocchiare a lungo sui chicchi d'avena. Lily è un'adolescente di quattordici anni cresciuta con l'aiuto di Rosaleen, una donna di colore che lavorava come raccoglitrice nel pescheto di T-Ray. Non può andare alle feste di compleanno delle compagne di scuola e nessuno le ha mai comprato dei vestiti alla moda, o comunque adatti alla sua età, o le ha mai insegnato qualche trucco per essere carina. Dall'età di quattro anni vive con l'angoscia di aver causato la morte della madre, un incidente poco chiaro avvenuto durante un litigio tra i genitori. Non può parlare con T-Ray di quello che è successo in quel terribile pomeriggio di dicembre del 1954, nè tantomeno chiedergli di raccontarle qualche episodio della vita della madre perchè il solo sentire pronunciare il nome della moglie lo manda su tutte le furie.
Lily è sempre alla ricerca di un segno della madre che le permetta di sentire la sua presenza.
All'alba dei suoi quattordici anni uno sciame d'api le invade, apparentemente senza motivo, la camera in piena notte, per sparire quando la ragazza costringe il padre a raggiungere la stanza per vederlo.
Tra i pochi ricordi della madre che Lily conserva, di nascosto da T-Ray, ce n'è uno molto singolare: un quadretto di Maria, rappresentata con la pelle scura, con una scritta sul retro "Tiburon, Carolina del sud".
Il giorno del suo quattordicesimo compleanno Lily ottiene dal padre il permesso di accompagnare Rosaleen in città. In seguito alla firma del Presidente degli Stati Uniti dell'Atto sui Diritti Civili la donna è intenzionata ad andare ad iscriversi alle liste elettorali. L'odio dei bianchi verso i neri è tale che ogni occasione è buona per provocarli, come hanno modo di provare sulla loro pelle le due donne. Rosaleen non esita a rispondere alla provocazione scatenata da un gruppo di uomini bianchi incorciati lungo la strada, ne nasce una colluttazione che spalanca le porte del carcere per la donna e l'ennesimo scatto d'ira di T-Ray nei confronti della figlia. Lily trova finalmente la forza di scappare da quella casa e, una volta liberata Rosaleen, si avvia con lei verso la località riportata sull'immaginetta della Madonna.
All'interno di un supermercato la ragazza ritrova la stessa illustrazione sull'etichetta di alcuni vasi di miele, incuriosita chiede informazioni al gestore, grazie alle quali con Rosaleen raggiunge una casa dal colore rosa, dove vivono tre eccentriche signore di colore, dai nomi dei mesi dell'anno, dedite alla produzione del miele. Accolte amorevolmente soprattutto da August, la più grande delle tre, iniziano qui la loro nuova vita. Ricevono vitto e alloggio in cambio del loro lavoro: Lily viene introdotta al magico mondo delle api e dell'apicoltura, Rosaleen si impegna invece nella gestione della casa.

Lily riuscirà a mettere una pietra sul suo passato?


Ogni capitolo del romanzo si apre con una citazione tratta da libri che parlano di api e apicoltura, poche righe che bastano a  sottolineare l'importanza per l'ecosistema di questo, all'apparenza semplice, insetto.
Nel romanzo si sussegguono personaggi curiosi, dalle svariate personalità. E' facile provare simpatia per le tre sorelle e sognare di trascorrere qualche settimana con loro nella casa rosa, per scoprire l'importante lavoro che si nasconde dietro ad un vasetto di miele.

Una storia che incuriosisce il lettore fin dalle prime pagine, ricca di emozioni e di spunti di riflessione.

lunedì 27 marzo 2017

ll dramma dei viaggi della speranza: Il mare nasconde le stelle

Ma quando finisce il mare?
Ho temuto che non avesse confini perché in tutte le direzioni in cui guardavo vedevo solo una distesa di azzurro matrigna, che nascondeva qualcosa. Non c'era differenza tra il cielo e l'acqua sotto i miei piedi. Tutto era uguale. Lo è stato per centosettanta ore in cui si alternavano solo buio e giorni vuoti. Che però non erano tutti uguali. Perché la paura non è mai la stessa.

Con queste frasi ha inizio

Il mare nasconde le stelle
Francesca Barra
Garzanti

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Cristina Barra dà voce a Remon, quattordicenne egiziano che ha trovato il coraggio di abbandonare la propria terra, per fuggire dalle persecuzioni che era costretto a subire per via della sua fede cristiana.
La prima volta che aveva visto il mare era stato durante una piacevole vacanza trascorsa ad Alessandria con la famiglia, ma non aveva immaginato che potesse nascondere dei pericoli.

Il mare appare diverso visto dalla barca,
"sembra pieno di sofferenza, tristezza e dolore. Abbandono."

 Non aveva idea di quanto fosse ampia la distesa di acqua salata che lo separava dall'Italia e da Milano, ma voleva inseguire i suoi sogni: quello di essere libero di professare la propria fede e quello di poter studiare per diventare ingegnere.
Non poteva immaginare quanto sarebbe stato doloroso consumare l'ultima cena con la propria famiglia fingendo che fosse un pasto come tutti gli altri; raccogliere una manciata di cose con l'aiuto del fratello, l'unica persona a cui aveva potuto confidare il proprio piano e richiudersi alle spalle la porta di casa nel cuore della notte, senza fare rumore per non svegliare i genitori che si sarebbero opposti alla sua partenza.

La parola "viaggio" la associo all'addio dal giorno in cui ho preso quella barca che mi ha portato in Italia. Questa parola non mi fa stare tranquillo. Dietro di essa oggi si nascondono tanti significati, molti negativi per me.

Lo chiamano "il viaggio della disperazione" e le pagine che narrano prima l'attesa di imbarcarsi, e poi la navigazione verso l'Italia di Remon, ci trasmettono la paura di saltare da una barca all'altra, le urla di terrore e le lacrime che scorrono soprattutto sul viso di donne e bambini, gli ordini e le imprecazioni degli scafisti, la fame e la sete che tolgono le forze, i litigi che per via del nervosismo si scatenano anche per futili motivi, l'angoscia di non sapere quanto ancora sarebbe durato quello strazio.

Dopo sette interminabili giorni la barca raggiunge le coste siciliane e subito giungono in aiuto i soccorsi. Dopo le registrazioni e le visite mediche i migranti vengono accompagnati ai centri di accoglienza. Ha inizio per Remon una nuova vita, in un Paese sconosciuto, fatta di numerosi ostacoli da superare per realizzare i suoi sogni e senza dimenticare nemmeno per un minuto la sua famiglia egiziana.

Il viaggio per mare è intervallato da parti dedicate ai ricordi della sua vita passata, alla descrizione della sua famiglia e alle discriminazioni subite per via della religione, per lasciare spazio infine alla descrizione dei giorni trascorsi nel centro di accoglienza e poi ai tentativi fatti dagli assistenti sociali di trovare una nuova famigli alla quale poter essere affidato.

L'autrice permette di raccontare a Remon la sua storia, simile a quella di tanti uomini, donne e bambini che ogni giorno sbarcano sulle coste meridionali della nostra penisola. Le frasi sono brevi e composte da parole semplici, quelle di un ragazzo che ha da poco imparato una nuova lingua, ma che cerca di trasmetterci tutte le sue emozioni. Il titolo incuriosisce, ma al tempo stesso lascia intendere che quello che viene affrontato è un argomento triste ed è supportato da una copertina delicata e malinconica.

domenica 12 marzo 2017

Anche durante la guerra sbocciano i fiori: Il giardino perduto

Il giro del mondo in 80 libri prevedeva anche uno stop in Germania, indiscussa protagonista della Seconda Guerra Mondiale, per leggere un libro ambientato in quel periodo di atrocità.
Non ho scelto una storia ambientata in un paese tedesco, ma nella campagna inglese, a Mosel, nel Devon, perchè la Guerra non ha risparmiato nessuno e ha influenzato anche la quotidianità di chi non ha vissuto direttamente sotto la pioggia di bombe.

Il giardino perduto
Helen Humpreys
Playground

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Per fuggire da una Londra che vive tra il coprifuoco e i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, da quello che credeva essere il lavoro della sua vita, ma che le sta dando solo delusioni, dai rimpianti che, per via del turbolento rapporto che hanno sempre avuto, la assillano da quando la madre è morta, Gwen si offre volontaria per essere arruolata nella Land Army, un corpo paramilitare al quale è stato affidato il compito di coltivare la terra e produrre patate per sostenere lo sforzo bellico. Per la sua laurea in botanica e il lavoro di ricerca che han condotto per anni nello stesso settore, la sua domanda trova facile accoglimento e nel 1941 lascia la città per raggiungere la tenuta di Mosel e prepararsi all’arrivo delle sette ragazze che dirigerà. Durante l’esplorazione della tenuta resta sorpresa nello scoprire che le ragazze si sono già sistemate, solo in seguito capirà di essere giunta con una settimana di ritardo rispetto alla data che le era stata comunicata. Questo errore influenzerà notevolmente il suo ruolo di responsabile: le ragazze hanno già identificato in Jane la loro guida e sono distratte dai loro impegni per la presenza di soldati e del loro comandante nella villa nei pressi della tenuta. Dopo vari tentativi, e grazie alla preziosa collaborazione di Jane, Gwen avvia i lavori per i quali è stata inviata a Mosel. Dopo che le ragazze hanno acquisito autonomia lavorativa, Gwen può impegnare il suo tempo ad analizzare le altre zone coltivabili della tenuta al fine di incrementare la produzione di tuberi. In una di queste spedizioni al di là degli orti e dei frutteti si imbatte in un giardino nascosto. Le ricerche che conduce per scoprire qualcosa in più su questo angolo dimenticato non le sono d’aiuto: nessuno sembra conoscerlo e le mappe di Mosel non lo citano. La testardaggine della donna la porterà a scoprire il messaggio che nasconde, suddiviso in tre aiuole distinte.

Guardo le teste delle peonie, cadute a terra sotto il proprio stesso peso, sotto il peso di un dolore troppo pesante da sopportare. Diventano esse stesse il proprio cruccio e non riescono a sopportarlo. Chiunque abbia creato questo giardino deve avere amato in modo assoluto, corrisposto o meno il suo sentimento. Fare delle scelte botaniche del genere richiedere una grande attenzione e fatica. Per ogni pianta scelta, altrettante sono state scartate o accantonate.

Anche se Mosel non è interessata dai bombardamenti, il peso della Guerra è palpabile in tutte le pagine del libro. Dal ruolo della Land Army nello sforzo bellico all’attesa della chiamata al fronte per i soldati, dalle tende nere che celano le luci della sera ai bollini del razionamento necessari per fare la spesa, ma soprattutto nel terrore della morte che dilania il capitano Riley e nell’angoscia di Jane per le sorti del fidanzato disperso in battaglia. Le ultime pagine in cui Gwen parla di Jane sono strazianti. Oltre ai protagonisti, ai soldati e alle ragazze della Land Army, nella narrazione hanno un ruolo di rilievo anche due libri che rappresentano per Gwen due punti fermi: Gita al faro di Virginia Woolf e un trattato di botanica esclusivamente dedicato alle rose, Genus Rosa.
Più che per la storia sono rimasta affascinata dalla scrittura poetica ed evocativa di Helen Humpreys. Sembra di sentire il profumo di ciascun fiore di cui parla, soprattutto di quell’albero di magnolia dalla fioritura tanto intensa quanto breve.
Delicata la copertina.

Casa è per me il luogo in cui ho provato i sentimenti più forti. E può essere qualsiasi luogo o qualsiasi persona. Non importa quanto a lungo ci hai vissuto. E' quello a cui desidererai sempre ritornare.

domenica 19 febbraio 2017

A febbraio l'amore si celebra anche nei libri: Gli ingredienti segreti dell'amore

Nella settimana dell'amore la mia lettura non poteva che essere ambientata in quella che nel mio immaginario è la città dell'amore per eccellenza: Parigi. L'ideale sarebbe iniziare la giornata con una crociera romantica lungo la Senna a bordo di uno dei Bateaux Mouches, una passeggiata mano nella mano alla scoperta dei suoi quartieri, la visita alla Basilica del Sacro Cuore al tramonto, la salita sulla Tour Eiffel per ammirare le migliaia di luci della città quando cala la sera e per concludere, una gustosa cenetta in uno degli intimi ristorantini che caratterizzano la città.

Gli ingredienti segreti dell'amore
Nicolas Barreau
Feltrinelli

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Tra questi ristoranti ve ne è uno davvero speciale, Le temps des cherises, in rue Princesse, lontano dall'affollato boulevard Saint-Germain. Tra i tavoli con tovaglie a quadri bianchi e rossi la giovane Aurelie Brendin accoglie i turisti con il suo abito in seta verde e un filo di perle con cammeo al collo. Il locale, così come la ricetta del Menu d'amour, sono l'eredità che l'amato papà le ha lasciato.
La sua vita ruota intorno al ristorante e a tarda sera, quando anche l'ultimo cliente ha terminato la cena, tornando nel suo appartamento trova ad aspettarla il fidanzato Claude. Per via dei suoi modi di fare e del suo carattere impulsivo il ragazzo non è mai stato apprezzato dall'amica Bernadette. Una sera di novembre al suo rientro Aurelie trova però l'appartamento vuoto, sembrerebbe uno dei soliti allontanamenti temporanei di Claude, ma la lettera di tre righe lasciata in cucina e l'assenza delle sue cose cancellano ogni dubbio. La mattina successiva la fine della loro storia è una certezza e Aurelie si lascia prendere dallo sconforto e dalla disperazione. Annulla l'appuntamento con l'amica trattandola male e, approfittando del giorno di chiusura del ristorante, si incammina in una Parigi piovosa, vagando senza meta. Verso sera, dopo innumerevoli chilometri, si appoggia esausta alla balaustra di un ponte sulla Senna attirando l'attenzione di un poliziotto che le si avvicina per paura che stia per compiere un gesto estremo. Aurelie riprende a camminare ma l'uomo, preoccupato per lei, continua a seguirla fino a quando la vede entrare in una libreria. Aurelie non è un'amante dei libri, ma questa le è sembrata la soluzione migliore per liberarsi dal pedinamento del poliziotto. Scorrendo distrattamente le copertine si lascia attrarre da un romanzo dal titolo "Il sorriso delle donne" e lo compra. Avviandosi verso casa lo apre e resta colpita dalla frase iniziale in cui viene citato il suo ristorante. La curiosità è tale che passa l'intera nottata a leggere il libro. Dal giorno successivo il suo unico obiettivo è quello di rintracciare l'autore per capire cosa lo ha spinto a parlare nel suo romanzo del Temps des cherises e della ragazza con il vestito verde di seta e il cammeo al collo. I suoi sforzi vengono ostacolati dall'arrogante Andrè, l'editor che ha curato la pubblicazione del romanzo in Francia. Senza lasciarsi scoraggiare la donna prosegue nel suo intento fino a conoscere l'autore, ma l'incontro è ben diverso da quello che aveva immaginato.

Per via della vena di romanticismo che attraversa le pagine, inclusa la nota dell'autore sul finale, ho stentato a credere che fossero state scritte da un uomo. La narrazione è affidata alle voci dei due protagonisti che si alternano con il susseguirsi dei capitoli. La scrittura maschile emerge nei personaggi; non mi è piaciuta la figura di Aurelie per i modi in cui tratta l'amica e l'arroganza con la quale pretende di incontrare l'autore del "libro che le ha salvato la vita", mentre ho trovato affascinante Andrè. Il romanzo è carino e leggero, si legge in un pomeriggio ed è l'ideale per trascorrere qualche ora di relax.
 E per chi volesse provare a conquistare l'amato/a prendendolo per la gola, Barreau non ha tralasciato di trascrivere sul fondo il Menu d'amour di Aurelie con le relative ricette.

domenica 12 febbraio 2017

Il primo thriller non si scorda mai: Era una famiglia tranquilla

La prima tappa di febbraio mi vede affrontare il viaggio più lungo, quello per raggiungere il paese geograficamente più distante dall'Italia, la Nuova Zelanda. Oltre 18.000 chilometri, diversi fusi orari e scali aeroportuali separano i due paesi. In onore dei numerosi primati dello stato (ospita una collina con il nome più lungo al mondo, è il primo paese ad aver concesso il voto alle donne e il primo ad essersi dotato di un ufficio turistico) il libro che mi terrà compagnia in queste infinite ore di viaggio è un romanzo d'esordio

Era una famiglia tranquilla
Jenny Blackhurst 
Newton Compton Editori

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Dalla scritta "un grande thriller" messa in bella vista sulla copertina è facile intuire che la scelta non è farina del mio sacco, ma un'idea di Newton Compton Editori, che mi ha fatto recapitare il romanzo al termine di una lunga settimana di lavoro. Tra le cose positive delle collaborazioni con le case editrici vi è la possibilità di leggere anche generi che solitamente evito.

Il dolce carillon ritratto in copertina cela l'atroce delitto di un neonato di sole 12 settimane. Il piccolo Dylan è stato ucciso nella sua casa e l'unica accusata è la madre Susan, che secondo gli inquirenti avrebbe agito in preda ad una forte depressione post parto. Sono passati tre anni da quel pomeriggio e grazie alla buona condotta la donna è riuscita ad ottenere la libertà vigilata. Una magra consolazione per Susan che non è mai riuscita a ricordare nulla di quanto successo. In un piccolo villaggio tenta di ricostruirsi una vita, con un nuovo nome, quello di Emma Cartwright, fidandosi solo dell'unica persona che le è stata accanto in tutto questo tempo, la compagna di cella Cassie. Una serie di messaggi e segnali inquietanti la raggiungono direttamente nella nuova abitazione e le fanno capire che la sua identità non è al sicuro, qualcuno sa chi è, conosce il suo passato, e rafforza quella parte di lei che non ha mai voluto credere di essere stata capace di compiere un così tragico gesto sul suo bambino. Con l'aiuto di Cassie e di un uomo sconosciuto, all'apparenza un giornalista, Susan è decisa a condurre la sua personale indagine alla ricerca della verità. Dovrà rivangare il suo passato e quello delle persone a lei vicino, scoprendone segreti scomodi e mettendo in pericolo la vita di alcuni di loro.

Un romanzo narrato in prima persona da Susan/Emma, che si alterna ai racconti di altri personaggi che risalgono ad oltre vent'anni prima. Le due parti sembrano essere totalmente distinte l'una dall'altra fino a quando personaggi ed avvenimenti iniziano ad incastrarsi e a delineare un'atroce verità.
La trama è fitta di personaggi dai ruoli e dalle personalità più disparate e in continuo cambiamento, che tornano più volte nel corso della narrazione e si intrecciano tra loro facendo perdere in alcuni punti il filo che li unisce. La scrittrice inglese, con grande maestria, riesce a depistare il lettore durante la risoluzione del giallo, tenendolo incollato quasi fino alla fine del romanzo. Solo la chiusura decisamente sottotono rispetto all'ottimo lavoro svolto dalla Blackhurst e l'abbondanza di personaggi che non hanno reso la lettura semplice, mi impediscono di attribuirgli un punteggio pieno.

Era una famiglia tranquilla segnerà l'inizio del mio amore per i thriller?

martedì 31 gennaio 2017

I love shopping a New York

Sto per andare nella Grande Mela insieme a Becky. Questo significa che non passeggerò nel parco più famoso del mondo, Central Park, non costruirò fotomontaggi con la Statua della Libertà, non mi concederò una visita al MoMA, non godrò di una straordinaria vista a 360° sulla città dal centoduesimo piano dell'Empire State Building e non pattinerò sul ghiaccio del Rockefeller center, ma su tacchi a spillo dai colori sgargianti andrò da una strada all'altra alla ricerca della svendita del giorno e mi farò consigliare negli acquisti da esperte personal shopper.

I love shopping a New York
Sophie Kinsella
Mondadori

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Rebecca Bloomwood, Becky o Bex per gli amici, è una ventiseienne inglese che conduce una rubrica di successo all'interno del programma televisivo Caffè del mattino. Il suo ruolo consiste nel dare consigli finanziari ai telespettatori, analizzando le storie e le domande che le vengono sottoposte durante le telefonate. Il suo lavoro le piace al punto che spesso le telefonate proseguono ben oltre la trasmissione e ha un suggerimento mirato per ogni quesito. Al di fuori del set Becky è però l'esatto opposto della risparmiatrice attenta che dimostra di essere durante le puntate. La sua irrefrenabile passione per lo shopping la porta ad acquistare qualunque cosa: dall'ultimo modello di scarpe di una grande firma al più inutile complemento d'arredo, all'oggetto di cui non ha alcun bisogno in quel momento, ma che potrebbe servirle in futuro. A forza di strisciare le carte di credito da un negozio all'altro, sul suo conto si crea uno scoperto finanziario che continua ad aumentare nonostante i solleciti del direttore di banca e dei vari istituti.
Il suo rapporto con Luke, affascinante e ricco uomo d'affari, non è ben definito. Nelle prime pagine sembra che la loro relazione sia agli albori, subito dopo i due partecipano insieme al matrimonio di un amico di vecchia data della ragazza nel corso del quale Luke viene presentato ai genitori e a tutto il vicinato. Al termine della cerimonia i due annunciano la loro partenza per New York per seguire un affare che potrebbe portarli a trasferirsi nella metropoli. Giunti negli Stati Uniti, Luke e Becky soggiornano insieme in un lussuoso hotel, ma le loro vite sembrano viaggiare su binari separati. Lui troppo preso dagli affari, lei cerca di impegnare le giornate seguendo i consigli di Luke come andare in palestra, partecipare ad una visita guidata alla città per cercare di ambientarsi, prepararsi per i colloqui di lavoro che le ha organizzato, ma finisce sempre con l'essere attratta dalle insegne dei negozi e dalle loro promozioni, nonché dalle svendite di campionario di importanti marchi.
Per Luke la conclusione degli affari oltreoceano sembra essere più difficile del previsto, al culmine della tensione i due ragazzi decidono di concedersi una serata di svago.
L'amara sorpresa che troveranno al risveglio minerà la loro storia e i loro progetti?

Un romanzo rosa che più rosa non si può. Lettura semplice, leggera ma piacevole. La ricchezza di dialoghi lo rende molto scorrevole al punto da poterlo leggere in un paio di giorni o anche meno. Nella lettura sono stata influenzata molto dal film, che mi è capitato di vedere anni fa. L'immagine di Becky passa in continuazione da quella di ragazza intelligente e sveglia sul set del programma televisivo a quella di svampita e imbranata nella vita di tutti i giorni.

lunedì 30 gennaio 2017

Tappa al cat cafè per leggere la storia di un gatto buffo: Il gatto che aggiustava i cuori

Il mio viaggio prosegue nel continente asiatico, con meta le Filippine, dove è facile imbattersi in uno dei numerosi cat cafè, locali in cui è possibile consumare una bevanda calda in compagnia di uno dei diversi gatti che qui vivono. E' facile trovarli addormentati su una delle mensole o delle sedie che arredano il locale, attirare la loro attenzione offrendo un gustoso snack felino o vederli giocare tra loro. Questi particolari caffè sono spesso caratterizzati da insegne ad hoc, come quelle che ritraggono il gatto all'interno di una tazza.

Il cat cafè è il luogo ideale per leggere un libro che parli di gatti, tra una coccola al nuovo amico a quattro zampe e un sorso di caffè.

Il gatto che aggiustava i cuori
Rachel Wells
Garzanti

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Protagonista del romanzo è il gatto Alfie, amante delle lunghe giornate passate a sonnecchiare sul divano in compagnia dell'anziana padrona. La morte della donna sconvolge la sua quotidianità, per il terrore di finire in un gattile, scappa di casa e con fare sperduto inizia a girovagare per le strade di Londra. Incapace di vivere da randagio si sposta da una parte all'altra della città cercando un nuovo padrone pronto ad accoglierlo, fino a giungere in Edgar Road, quartiere fatto di villette a schiera e ricco di verde. La zona gli piace molto ed è intenzionato a trovare qui la sua nuova famiglia, ma gli abitanti sono troppo presi dalle loro vite frenetiche e dai loro problemi per accorgersi della sua presenza. Alfie riuscirà a farsi notare mostrando le sue doti ad alcune persone che hanno bisogno del suo aiuto. Si sviluppano così una serie di storie all'apparenza diverse tra loro, che vedono protagonista Claire, una donna abbandonata, Jonathan, un uomo solo, Polly, una giovane mamma senza aiuti e una famiglia di migranti, ma che avranno tutte un lieto fine grazie allo straordinario gatto. Anche Alfie imparerà molto da queste esperienze, ad esempio che è meglio essere l'animale da compagnia di più persone piuttosto che quello di un'unica famiglia per non rischiare di ritrovarsi nuovamente solo.

Il titolo è decisamente troppo pretenzioso per un romanzo quasi infantile. La definirei più una storiella per amanti di animali, che si vogliono dedicare ad una leggera lettura a tema per rivivere e pensare alle proprie esperienze con gli amici felini. Più che scontato il filo logico/copione delle favole: tranquillità, crisi, sviluppo e lieto fine con tanto di protagonista-eroe (ovviamente il gatto), amici da aiutare e presenze antagoniste da scacciare, come i non amanti delle "palle di peli".
La Wells elegge Alfie al ruolo di super-gatto, dotato di intelligenza e della capacità di leggere nei cuori delle persone. Con stratagemmi troppo forzati fa in modo che aiuti queste stesse persone ad uscire dalle fasi complicate delle loro vite.
La narrazione scorre veloce ed è affidata al gatto, i cui pensieri spesso appaiono ridondanti. I tratti psicologici dei personaggi risultano puliti e ben delineati. Dietro ad una trama semplice è comunque custodito un messaggio forte, l'importanza di reagire ai tempi difficili con coraggio e determinazione affidandosi anche alla forza dell'amore, che può essere rappresentato anche da un animale domestico. 311 è il numero di pagine che compongono il romanzo, ma togliendo tutte quelle lasciate in bianco per i cambi di capitolo, lo spessore del volume si ridurrebbe notevolmente. Ho preso il libro in biblioteca, ma se lo avessi pagato come la quarta di copertina suggerisce, sarebbe stato meglio spendere i 16,90 € in favore di una donazione ad un gattile.

Ringrazio la modella Bea che, dopo un po' di insistenza, si è gentilmente concessa per la foto e vi invito a seguire il canale YouTube della sua mamma Daphne per compiere insieme a lei un vero giro del mondo.

domenica 29 gennaio 2017

La seconda possibilità per Banana Yoshimoto: Il coperchio del mare

Lasciata la calda città catalana sono volata nella terra dei miei sogni, il Giappone.
Pregustando di immergermi in un onsen (le fonti termali naturali nipponiche) lungo il mare, di quelli accessibili solo con la bassa marea, ho scelto un libro dalla copertina dolce e dal titolo curioso

Il coperchio del mare
Banana Yoshimoto
Feltrinelli


Il mare di cui si parla nel romanzo è quello che bagna la penisola di Izu, in cui sorge il piccolo paese natale di Mari, dove la ragazza decide di tornare a vivere dopo aver concluso gli studi universitari a Tokyo. Quella che un tempo era un'ambita meta turistica, piena di vita, appare oggi alla ragazza come un paese in degrado: non ci sono più i turisti a passeggiare, a frequentare le terme o ad affollare i ristoranti per gustare i granchi giganti che qui si pescavano e quasi tutti i negozi hanno le saracinesche abbassate.

Mari, contrariamente ai suoi compaesani, dimostra di voler credere ancora nell'attrattività del paese aprendo un piccolo chiosco di granite prodotte da lei con pochi prodotti, ma tutti naturali.

Quando si insegue un sogno, tutto sembra bello e carico di energia,
proprio come quando si è innamorati.

All'inizio dell'estate la routine della ragazza viene interrotta dall'arrivo in casa sua di Hajime, figlia di un'amica della madre, che ha bisogno di trascorrere l'estate lontano dai problemi famigliari scaturiti in seguito alla recente morte dell'adorata nonna. L'incontro tra le due ragazze non è idilliaco, Mari è molto impegnata con il suo lavoro, Hajime invece resta rinchiusa nei suoi problemi e non vuole mangiare. Su insistenza della madre, Mari invita Hajime ad uscire per trascorrere la serata insieme, nasce così un legame che si rafforzerà nel corso dell'estate, fatto di aiuto nel lavoro al chiosco, nuotate in mare nel tempo libero e lunghe passeggiate sulla spiaggia.
Le giornate che si accorciano e l'acqua del mare che si raffredda, al punto di non permettere più le nuotate, sono il segno che l'estate è finita e che Hajime, ritemprata dal soggiorno nella località marina, deve tornare dalla sua famiglia. Le ragazze si lasciano con la promessa di vedersi tutti i week-end, di trascorrere insieme anche le prossime estati e con il progetto di intraprendere una collaborazione lavorativa.

Se si fanno dei progetti concreti, se si coltivano le proprie ambizioni, se ci si dà da fare con umiltà, se si aguzza l'ingegno, i sogni diventano realtà.

 Il mare fa da sfondo all'intera lettura. Il titolo del romanzo coincide con la poesia di Hara Masumi pubblicata in apertura. Il coperchio è sinonimo dell'incapacità di porre fine al dolore di una perdita. La malinconia della poesia è il preludio di un romanzo che ho trovato  malinconico, dalla scrittura lenta e semplice, a tratti elementare, che rende pesante le poche pagine che lo compongono. Dopo aver conosciuto Banana Yoshimoto con High & Dry: Primo amore, la sfida di lettura alla quale sto partecipando mi ha dato l'opportunità di leggere un suo secondo, e credo anche ultimo, romanzo. E' un'autrice che, contrariamente dalle opinioni che ho avuto modo di scambiare con altri lettori, non mi trasmette alcuna emozione.

Il giro del mondo in 80 libri parte da una Barcellona medievale: La cattedrale del mare

L'inizio del nuovo anno è coinciso con l'avvio di un viaggio che, in compagnia di altri lettori, mi porterà a scoprire numerose mete: Il giro del mondo in 80 libri

Aperta la copertina del primo libro mi sono ritrovata in quella che oggi è una città moderna, colorata, ricca di vita, ma che al tempo della narrazione era una città medievale in pieno fermento, un importante porto commerciale nonché la capitale della contea: Barcellona.

La cattedrale del mare
Ildefonso Falcones
Longanesi

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Il romanzo, di carattere storico, narra la vita di Arnau Estanyol, figlio di un servo fuggito dalla campagna per raggiungere la città comitale in cerca di libertà dal padrone. Arnau è solo un bambino quando, con il compagno di giochi Joanet, ricercando quella che gli è stata indicata come sua madre, la Vergine Maria, si imbatte nelle impalcature della grande chiesa in costruzione e ne rimane affascinato. Da quel momento la vita di Arnau andrà di pari passo a quella di Santa Maria del Mar, la chiesa del popolo, che si stava realizzando in onore della Vergine nel quartiere della Ribera de Mar di Barcellona. Per la vicinanza al mare il quartiere era un tempo abitato per lo più da pescatori, scaricatori di porto e gente umile, mentre nella prima metà del 1300 iniziarono ad insediarsi anche banchieri e artigiani seguiti ben presto dai nobili.

La crisi del sistema feudale, l'insofferenza del popolo nei confronti del padrone e l'ambizione di libertà, la fame e l'epidemia di peste, le lotte e le strategie per il controllo dei commerci via mare, inclusi quelli degli schiavi, l'insofferenza dei cristiani nei confronti degli ebrei e gli orrori compiuti dall'inquisizione sono gli avvenimenti storici attorno ai quali si sviluppa il romanzo.
Un arco temporale di una sessantina d'anni, denso di avvenimenti, personaggi ed emozioni descritti con dovizia di particolari dall'autore, capace di introdurre inaspettati cambi di rotta e di tenere sempre alta la concentrazione del lettore. Fin dalle prime pagine è evidente il grande lavoro di ricerca storica compiuto da Falcones, che si preoccupa anche di giustificare, nella nota dell'autore che si trova in fondo al volume, la scelta di narrare alcuni fatti in modo diverso da come sono accaduti nella realtà.

Impossibile non rimanere affascinati dal personaggio di Arnau, ricco di valori, tra cui una straordinaria tenacia, umiltà ed umanità, che non perde nemmeno in seguito alla ricchezza che riesce ad accumulare e alla carica sociale che sarà chiamato a ricoprire. Da povero figlio di un servo, diventa un bastaix (scaricatore di porto) per dare il suo contributo alla costruzione della chiesa, portando le pietre necessarie dalla cava al cantiere, quando la sua corporatura è ancora quella di un ragazzo e sembra non poter reggere un tale peso. In seguito, grazie all'aiuto di un ebreo e alla preziosa collaborazione del suo schiavo musulmano, abbandona il lavoro di fatica per diventare un affermato e stimato banchiere.

Nel romanzo c'è spazio anche per la passione carnale e per l'amore, quello che sembra impossibile, ma anche per quello che ti accorgi di quanto era importante solo nel momento in cui l'hai perso e per i matrimoni combinati.

Dopo dieci anni dalla sua pubblicazione in Italia e dopo averne trascorsi almeno cinque nella mia libreria senza che gli abbia mai dato importanza, La cattedrale del mare ha avuto la sua occasione grazie alla prima tappa della sfida di lettura che prevedeva la scelta di un libro ambientato nella città di Barcellona. Ricordo di non averlo letto subito dopo l'acquisto per paura che somigliasse troppo a I Pilastri della terra di Ken Follet, del quale oggi però ricordo ben poco, non posso quindi fare un paragone.

domenica 8 gennaio 2017

Ogni famiglia custodisce dei segreti: Léonie

A distanza di mesi dall'ultimo post, torno sul blog con la prima recensione del 2017, quella del libro che mi ha tenuto compagnia a cavallo dei due anni

Léonie
Sveva Casati Modignani
Sperling & Kupfer

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Mi è stato consigliato e prestato da mia sorella, con la quale ultimamente ho condiviso diverse letture.
 Ho conosciuto l'autrice anni fa attraverso la rubrica che gestiva in un noto settimanale: riceveva racconti da aspiranti scrittori, li giudicava e dava suggerimenti per migliorare. I suoi giudizi erano quasi sempre negativi e molto schietti per questo non ho mai provato simpatia per lei. Dopo essere stata incollata per due giorni alle pagine, grazie alla sua straordinaria scrittura, mi sono però dovuta ricredere, evidentemente gli scritti che riceveva erano davvero improponibili.

In Léonie racconta il susseguirsi delle vicende dei Cantoni, una ricca famiglia di imprenditori brianzoli. Non c'è membro di questa famiglia che non nasconda un proprio segreto, che nel corso della lettura emerge. Léonie, protagonista del romanzo, è oggi una nonna, che riunisce figli e nipoti nella grande dimora dei Cantoni in occasione delle festività di Natale. Ma quando è giunta in punta di piedi in questa famiglia era una giovane, squattrinata, che veniva dalla Francia dopo turbolente vicende famigliari. Negli anni ha conquistato l'intera famiglia del marito per le sue straordinarie doti di madre e moglie esemplare, nonché per il ruolo determinante che ha avuto in azienda durante la crisi economica. A conferma della sua perfetta integrazione con la nuova famiglia anche Léonie custodisce un segreto che la porta ogni 22 dicembre a lasciare gli impegni di famiglia e in azienda per raggiungere Varenna, un paesino sulle sponda orientale del lago di Como.

La storia è impostata come una telenovela, una saga famigliare, a volte troppo scontata, composta da diversi personaggi che si susseguono con i loro intrighi. La loro descrizione molto curata e la scrittura scorrevole lo rendono nel complesso un romanzo piacevole.
La critica che mi sento di muovere nei confronti dell'autrice è per il finale, troppo frettoloso e banale.

Cercando maggiori informazioni sull'autrice ho scoperto che dietro questo nome si nascondono i coniugi Bice Cairati e Nullo Cantaroni. Anche dopo la morte del marito, nel 2004, Cairati ha continuato ad utilizzare lo pseudonimo.