Un altro libro "istinto", che mi ha rapita per il titolo e per la voglia di scoprire la capitale della Turchia
Rosso Istanbul
Ferzan Ozpetek
Mondadori
I più conoscono Ozpetek, regista e sceneggiatore, per le sue pellicole cinematografiche, lo ritroviamo in questa sua prima pubblicazione in veste di scrittore in cui ci racconta, tra biografia e finzione, degli aspetti della sua vita in Turchia con qualche raffronto alla sua quotidianità in Italia.
Un libro di poche, ma intense pagine, da leggere in un paio d'ore sorseggiando del tè bollente da un bicchierie di vetro, come in Turchia, e gustando della piccola biscotteria italiana
Saliamo con l'autore sull'aereo che da Roma lo porterà a Kalamis, il quartiere di Istanbul , dove ancora oggi si trova la sua casa natale, "la villa antica e bianca". Sul velivolo poche persone, tra cui la testarda Anna. Il racconto dei loro giorni nella città turca, sempre in qualche modo collegati, si alternano con il susseguirsi dei capitoli.
E' un libro in cui si parla di amore nelle sue più svariate forme, quello prima di tutto per la propria città natale, ma anche l'amore dolce dell'autore nei confronti della madre (alla quale ha dedicato la copertina) quando la ricorda con gli occhi di bambino come una donna bionda, elegante, "dallo sguardo dolce, quasi languido", di una "bellezza malinconica e struggente", che "aveva sorrisi e gentilezze da regalare a chiunque". Un amore tenero nei confronti della stessa donna che oggi ha ottanta anni e che "scambia la gentilezza per l'amore".
L'amicizia e il primo amore, impedito dal padre, di Ozpetek per il bellissimo Yusuf.
L'affetto per un padre assente, sparito da casa prima che lui fosse abbastanza grande per ricordarlo e ricomparso una decina d'anni dopo"un uomo sempre così elegante, e sempre imprevedibile", che negli ultimi mesi di vita a suo modo fa capire al figlio di aver accettato la sua omosessualità, ma ancora una volta è incapace di chiedergli scusa.
L'amore sempre fedele di Anna al marito, ma al tempo stesso un'attrazione, un desiderio, un brivido che non andrà mai oltre, per il collaboratore.
Accompagnano la lettura i profumi dei piatti tradizionali e quello dei fiori preferiti dai personaggi: i tigli dell'autore, le eleganti calle della madre e i tulipani di Anna.
Un colore ricorre in continuazione nel racconto, lo stesso che gli dà il titolo: il rosso.
Il colore preferito nell'età anziana della madre che abbandona i colori tenui e lo sceglie per l'abbigliamento, il rossetto, ma anche per laccare le unghie; il rosso di una bomboletta che scrive sul muro di un palazzo invocando la rivoluzione; quello del sangue che scorre sul volto delle persone dopo un incidente, della bandiera della protesta, ma anche quello "intenso e vivido" del succo dei melograni spremuti in un bar a colazione. E ancora il rosso dei tramonti, dei tram e dei carrettini dei venditori ambulanti di simit (ciambelle calde ricoperte di sesamo).
"Un uomo che non sa far volare un aquilone, non riesce a far felice una donna"
"Impara dai fiori a essere paziente, ad aspettare perché i fiori lo sanno che dopo un gelido inverno arriva la primavera."
"Non c'è da avere paura dei nostri vicini di casa, o di banco, o di confine. C'è da aver paura solo dell'odio e dei pregiudizi"
"Ho imparato che ci sono amori impossibili, amori incompiuti, amori che potevano essere e non sono stati. Ho imparato che è meglio una scia bruciante, anche se lascia una cicatrice: meglio l'incendio che un cuore d'inverno. Ho imparato, e in questo ha ragione mia madre, che è possibile amare due persone contemporaneamente. A volte succede: ed è inutile resistere, negare o combattere.
Ho imparato che l'amore non sa né leggere né scrivere. Che nei sentimenti siamo guidati da leggi misteriose, forse il destino, forse un miraggio, comunque qualcosa di imperscrutabile e inspiegabile. Perchè, in fondo, non esiste mai un motivo per cui ti innamori. Succede e basta. E' un entrare nel mistero, bisogna superare il confine, varcare la soglia. E cercare di rimanerci, in questo mistero, il più a lungo possibile."
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